Duplice accesso e doppio percorso per le anomalie refrattive

Qui la lettura podcast dell’articolo sotto: 

La refrazione, l’esame visivo, la scelta delle lenti sono attività proprie di ottici e optometristi da alcuni secoli (dal XIII almeno, ma con picchi di grande competenza dal XVIII secolo in poi). Curiosamente, molti ottici e optometristi di oggi (2025) si ricordano di un momento meno felice di questa nobile professione, cioè l’inizio del 1900 e paiono dimenticare il valore sia della storia precedente, sia di quella successiva che ha messo a punto tecniche innovative per le lenti a contatto, per la valutazione della visione binoculare e le valutazioni della funzione visiva non legate alla patologia.

Solo dal XIX secolo in poi anche i medici si sono interessati all'efficacia delle lenti per risolvere anomalie refrattive. Ma è sempre stato un interesse contenuto, sia per la formazione medica centrata sull’approccio farmacologico e chirurgico, sia per i diversi modelli e, ovviamente, per la diversa priorità imposta dalla patologia. Ancora nel 1978 Sir S. Duke-Elder si lamenta del disinteresse dei suoi colleghi medici per l’ottica oftalmica che è tra le “tecniche che più hanno contribuito al benessere e con meno effetti collaterali”.

Due diversi approcci, mi pare ovvio portino a un duplice percorso per affrontare le anomalie della visione. Dal lato medico, l’esame visivo è un passo per la valutazione della salute oculare (ed è un atto medico perché fatto dal medico). Dal lato ottico e optometrico, l'esame è un passo per un dispositivo di prima necessità per almeno metà della popolazione (ed è un atto professionale sanitario, non medico). 

La persona accede indifferentemente attraverso un duplice canale: ottico-optometrico o medico-oftalmologico. In entrambi i casi deve fare un doppio percorso: ottico-optometrico e medico-oftalmologico. E’ la mia proposta tra i contributi al XXVI Congresso IBZaccagnini a Bologna (9-10 Marzo 2025).

Talvolta si ipotizza che il canale ottico-optometrico miri a cercare l’esclusività dell’esame della refrazione e a sottrarre tale esame al medico. Posizione mai sentita, forse di qualche estremista. L’esame visivo è già condiviso dal XX secolo, e ciascuno lo fa per i propri scopi. 

Tutt’altro discorso è la razionalizzazione dei tempi, delle energie, delle risorse, specie per fornire il migliore servizio sanitario. 

Molti medici-oftalmologi già sono e sarebbero felici di alleggerire il loro impegno evitando l’esame visivo refrattivo e binoculare, ovvero partire da una correzione ottica già definita per potersi concentrare di più sulla valutazione della salute della persona e delle eventuali terapie. 

Solo persone ridicole potrebbero ipotizzare oggi di impedire l’esame visivo per la correzione al medico-oftalmologo per attribuirlo solo a ottici e optometristi (ci furono tentativi storici negli Usa, fondati sulla mancanza di formazione specifica, ma oggi impraticabili).

Solo persone assurde e disinteressate ai bisogni delle persone e della comunità potrebbero ipotizzare di riservare ai soli medici-oftalmologi gli esami visivi per la correzione, impedendo l’esame e la gestione del dispositivo agli ottici e optometristi. 

La gestione dell’anomalia refrattiva è un buon lavoro a quattro mani, almeno.

Stanlio-e-Ollio
©Anto Rossetti